La Maschera del Diavolo

Moltissimi sono gli  ex-voto che nel corso dei secoli i devoti alla Madonna delle Grazie hanno portato al Santuario, come segno di gratitudine alla Vergine per una “grazia” ricevuta. Il valore intrinseco di questi oggetti è per la maggior parte modesto e solitamente di gran lunga superato da quello spirituale. Anche quello artistico non è solitamente rilevante, più facilmente superato da quello etnografico.

Tuttavia uno di questi ex-voto spicca su tutti gli altri, non tanto per l’importanza artistica, ma per la curiosità che suscita e anche per la singolarità del racconto che porta con sè. Risale alla prima metà del Cinquecento e secondo alcuni è probabilmente la prima delle testimonianze di devozione lasciate qui dai pellegrini. Sicuramente è il più celebre che troviamo in basilica: la cosiddetta Maschera del Diavolo.

Nella cultura popolare, da sempre rappresenta un’attrattiva soprattutto per i più piccoli. Le mamme e le nonne della città e del Friuli, facendo tappa al Santuario delle Grazie, promettevano a figli e nipoti, dopo le preghiere, la vista della “maschera del Diavolo”, ottenendo misteriora curiosità e temporanea disciplina.

Secondo la tradizione tramandataci nel 1658 da padre Domenico Margarita, un frate del Seicento che scrisse una storia dei miracoli e degli ex-voto giunti alla Madonna delle Grazie, appartenne ad un giovane che durante un Carnevale, volle vestirsi da Diavolo e con la sua brigata recarsi ai festeggiamenti che si tenevano in Pracchiuso. Forse troppo immerso nella parte, superò i limiti del lecito e, diversamente dai suoi compagni, anziché attraversare il ponte che c’era dove oggi c’è Largo delle Grazie, così vestito e con atteggiamenti irriverenti nei confronti del Santuario, attraversò il vicino cimitero. Quando tornò a casa non riuscì più a togliersi l’armatura, per quanti sforzi facesse. Potè farlo solo quando, ritornando con la mente ai suoi eccessi, contrito, chiese perdono alla Madonna. In segno di gratitudine donò l’armatura al Santuario.

Il fatto fu raccontato e riportato con molti elementi diversi e anche sulle date ci sono discordanze. Secondo padre Margarita l’armatura fu donata nel 1560, mentre un altro storico (Palladino) lo colloca nell’anno 1500. Comunque l’altezza di chi l’indossava era di circa m 1,50-1,55, quindi è verosimile che si trattasse di un ragazzo.

Non vi sono riscontri storici a questo racconto. Tuttavia, il giureconsulto udinese Tiberio Deciani, mentre era a Padova per la sua attività di docente, raccontò un fatto assai simile avvenuto il 15 agosto 1527. Egli narrò che mentre nel borgo si faceva festa (nel periodo di agosto, però), alcuni giovani danneggiarono e profanarono le parti esterne della chiesa e del vicino cimitero. Non sappiamo se con questo fatto vi sia un collegamento con la maschera delle Grazie.

Quello che di questa armatura sappiamo è che risale al XV secolo, avendo al suo interno la data del 1495. Questo le dà un valore storico notevole, perché solitamente le armature giunte fino ai nostri giorni sono per lo più del XVI secolo, mentre quelle del secolo precedente esistenti, a tutt’oggi conosciute, sono solo una trentina. La più alta concentrazione di queste, ben dodici, si trova a Mantova, mentre alla Waffensammlung di Vienna, che è considerata la più vasta collezione esistente di armi medievali, ce ne sono solo due. Fu realizzata da una bottega milanese che, dalle varie lettere incise, sembrerebbe quella di Giacomo Cantoni.

La maschera del Diavolo divenne in breve uno degli ex voto più famosi della basilica e rimase esposto nella cappella primitiva (quella che si trova alla sinistra del presbiterio, oggi intitolata al Beato Bonaventura) sino al 1770, quando venne trasferita nella nuova cappella della Vergine. Nel 1809, all’epoca di padre Paolo Canciani, in seguito a dei lavori di ritinteggiatura, venne messa nella cappella primitiva, che fungeva ormai da deposito. Qui venne scomposta e qualche pezzo minore si ruppe.

Nel 1827 venne notata dall’antiquario Sanquirico di Milano che l’acquistò per una forte somma da padre Francesco Alessio (che necessitava sicuramente di fondi perché alle prese con il riacquisto del convento, venduto a privati dopo la soppressione francese degli ordini religiosi del 1810).

La cosa venne ben presto a conoscenza della popolazione, con una notevole risonanza, seguita dalle vive proteste dei fedeli, che continuarono incessanti sino al 1830, quando la Maschera del Diavolo venne riacquistata dal vescovo Emmanuele Lodi.

L’armatura venne quindi appesa nell’atrio della basilica, dove continuò ad essere ammirata e vi rimase sino al 1968. In questo anno venne restaurata da una bottega fiorentina e una di Spilimbergo. Nel 1979 in occasione del cinquecentenario dei Servi a Udine fu posta in un’apposita teca, dove a tutt’oggi si può ammirare.

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Dal Lunedì al Venerdì:
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Sacramento della Riconciliazione

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