Il 12 aprile 1495 venne posta la prima pietra della nuova chiesa, in sostituzione dell’antica dedicata ai Santi Gervasio e Protasio, ormai in decadenza. Il nuovo edificio veniva ormai chiamato Santa Maria delle Grazie per l’icona miracolosa presente. La nuova chiesa fu progettata a navata unica, di stile architettonico romanico, con soffitto a cassettoni e con facciata adorna di rosone.
Il santuario verrà poi completamente rinnovato nel 1730, quando il grande architetto Giorgio Massari ricostruì la chiesa su schema che ricopiava la chiesa dei Gesuiti a Venezia, di cui era l’autore. I vari rimaneggiamenti seguenti sviarono però l’idea iniziale. Dal 1838 al 1851 l’architetto Valentino Presani rimodernò la chiesa aggiungendo l’attuale pronao ossia l’atrio con le colonne, sul cui timpano è scritto: GRATIARUM VIRGINI SACRUM (sacro alla Vergine delle Grazie), giungendo così all’aspetto odierno.
L’imponente facciata è preceduta da una scalinata con ai lati due statue: raffiguranti a sinistra la Madonna con Bambino e a destra Filippo Benizi, uno dei sette frati fondatori dell’ordine dei Servi di Maria, entrambi opere di Orazio Marinali (1711).
Entrando si trova un nartece (spazio tipico delle basiliche paleocritstiane, posto fra le navate e la facciata principale) in cui sulla sinistra c’è un mosaico a tecnica mista della scuola di Spilimbergo, realizzato su disegno del pittore udinese Arrigo Poz, che ricorda il tragico terremoto del Friuli del 1976. Questo è preceduto, presso la parete della facciata, dalla famosa “maschera del diavolo”, antica e preziosa armatura del ’400 restaurata alcuni anni fa a Firenze. Ad essa è legata una curiosa storia e costituisce uno dei primi esempi di ex-voto in santuario.
All’interno, la basilica è a navata unica. Ai lati cinque altari più la cappella della Madonna. Sopra il primo e il terzo altare di destra e di sinistra ci sono tele attribuite a Domenico Tintoretto che raffigurano “Natività di Maria”, “Adorazione dei Pastori”, “l’Assunta” e “S. Orsola”.
Il soffitto e completamente affrescato da Lorenzo Bianchini (1825-92) con dipinti raffiguranti le Virtù della Madonna, episodi relativi all’immagine miracolosa e vari soggetti sacri.
Dietro l’altare maggiore una pala d’altare raffigurante la “Madonna col Bambino e Ss. Rocco, Protasio, Gervasio e Sebastiano” (1522) dell’udinese Luca Monteverde, unica opera conosciuta, firmata e datata, dell’allievo di Pellegrino da S. Daniele morto a solo 26 anni.
Scendendo dal presbiterio nella navata centrale, a destra, c’è l’antica cappella della Madonna costruita nel 1516-18 che fu affrescata da Gaspare Negro; alla parete sinistra lacerti strappati da una casa distrutta in via Pracchiuso; ai lati a sinistra statua di “Giovanni Battista” e a destra “S. Giuseppe” (inizio sec. XVIII). Esse appartenevano all’antico altare della Madonna (1689) ora trasferito nella chiesa dell’Istituto Renati. Nell’altare moderno del 1970 sono conservate le reliquie del Beato Bonaventura da Forlì. Nell’abside il trecentesco crocifisso ligneo lasciato in dono dalle monache clarisse nel secolo scorso; alla parete destra alcuni cimeli della Beata Elena Valentinis (sec. XV) Il fonte battesimale è cinquecentesco con moderna copertura.
Proseguendo verso l’uscita, al centro della navata, c’è la cappella della Madonna con altare di Giorgio Massari e la miracolosa immagine. La tradizione vorrebbe opera bizantina, ma è stata attribuita a scuola veneziana dei primi del quattrocento. Durante la ristrutturazione della basilica nel secolo XVIII, si pensò di costruire anche una nuova cappella della Vergine, che fu completata alla fine del 1769 a spese del comune di Udine. A pianta quadrata, essa è sormontata da una cupola variamente decorata.
L’altare è un capolavoro di ordine corinzio, al centro della cui pala di marmo campeggia la tavola della Madonna. L’immagine raffigura la Beata Vergine Maria che con il volto leggermente inclinato verso il Figlio, lo sorregge con il braccio destro, tenendo nella mano sinistra una rosa. Il Bambino Gesù si presenta nell’atto di poppare alla mammella destra della Madre e si mantiene in equilibrio afferrando il pollice destro di lei. In alto dell’immagine si leggono due sigle in lettere greche che significano “Madre di Dio”. L’icona pertanto si allaccia all’insegnamento del Concilio di Efeso in cui si proclamò la maternità divina di Maria: come segno del legame nella carne e nel sangue della madre di Dio, il Bambino è presentato nel lato di poppare.
La sostituzione di ” Maria Madre della Grazia” (ossia del Signore Gesù stesso) con il titolo più comune di “Beata Vergine delle Grazie” e “Madonna delle Grazie” deriva dall’esperienza che lei è misericordiosa verso i suoi devoti e permane via di mediazione delle grazie divine come sembra indicare la rosa che sta nella mano sinistra, che si rifà al significato della “rosa d’oro” medievale) il 6 settembre 1870 l’effigie della Madonna delle Grazie venne solennemente incornata da parte del Capitolo Vaticano, (primo centenario della costruzione della cappella) tra gli ornamenti che portava c’era una pesante collana appartenuta a Giovanni Emo.
Ai lati preziosi ex voto; alle pareti due tele a destra “Ester dinanzi Assuero” e a sinistra “Giuditta con la testa di Oloferne” opere di Antonio Diziani.
Nella chiesa si conservano alcune sculture di pregio. Nel terzo altare a sinistra “Fede e Carità” (1853) di Vincenzo Luccardi autore anche degli “Angeli che adorano la croce” sopra l’altare. I due busti sulle porte ai lati dell’altare maggiore sono “Beato Bertrando” e “S. Agostino”; gli apostoli entro le nicchie della navata sono di Luigi Minisini (1874).
Usciti dalla Basilica, sulla sinistra, si trova l’attuale convento, con il suo ampio e luminoso chiostro. Esso risale al XVI secolo e fu costruito in tappe successive.
Al centro c’è da sempre c’è una cisterna per l’acqua, risale al sec. XVI. Solo nel sec. XVIII, in correlazione con i lavori della chiesa venne completato il convento, si rifece la cisterna al centro del chiostro come si conserva tuttora e si affrescò il chiostro con le raffigurazioni che si possono ancora ammirare.
Nelle sale del chiostro diverse tele tra le quali un quadro di Vincenzo Lugaro raffigurante “S. Antonio da Padova che predica agli udinesi”.
Arte
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