Presbiterio e Coro

Presbiterio

Giunti i Servi di Maria nel 1479, dopo aver risolto una controversia con i Celestini che richiese una bolla di papa Innocenzo VIII, nel 1495 inizio la costruzione della nuova chiesa, cominciando del presbiterio.

Nel 1785, dopo la ristrutturazione dell’intera basilica avvenuta nei decenni precedenti, si mette finalmente mano al presbiterio e all’abside. Il disegno viene realizzato dall’erudito padre barnabita Angelo Cortenovis, di origini bergamasche ma qui trasferitosi da qualche anno e divenuto una figura si spicco nella vita udinese. Lo stile del progetto richiama la navata e prevede una sopraelevazione del presbiterio di 1,6 metri (nei primi anni 2000 verrà però abbassato). Verranno inoltre poste otto colonne con scopo ornamentale. Il tutto è sormontato da una grande cupola. In seguito a queste costruzioni si rende anche necessario sopraelevare il campanile. Tutti i lavori risultarono completati nel 1796.

Nel marzo del 1881 si cominciarono i lavori per la decorazione della cupola del presbiterio. Nel quarto verso il coro, è raffigurata la Vergine che viene incoronata dalla Trinità, mentre in quello di destra si trovano raffigurati dei santi in una gloria d’angeli; di fronte figure di sante in una gloria d’angeli. Nel quarto verso l’ingresso vediamo un gruppo d’orchestra formato da angeli. Nei pennacchi all’incrocio degli archi del presbiterio sono raffigurati quattro profeti: Daniele, Geremia, Ezechiele e Isaia. Gli archi sono decorati con foglie e fiori in chiaroscuro, su fondo dorato. I lavori vennero completati nell’agosto dello stesso anno.

Nel 1893 viene collocato il nuovo altare maggiore, opera di Giuseppe Gregorutti e adornato dalle statue di Giuseppe e Gioacchino, scolpite da Ernesto Tonetti da Massa Carrara, oltre che dagli arredi d’argento ancora presenti.

 

Coro

Nell’abside della Basilica, dietro l’altar maggiore, si trova un coro ligneo che fu realizzato nel 1692.

A dominare il coro è presente una pala di raffinata fattura. Essa rappresenta la Vergine con il bambino, circondata dai Santi Sebastiano, Rocco, Gervasio e Protasio. Questa è l’unica opera certa, perché firmata, di Luca Monverde, un pittore del cinquecento, che morì molto giovane, appartenente alla bottega di Martino da Udine detto Pellegrino da San Daniele. Una morte che giunse troppo presto a stroncare un grande talento artistico.

A testimonianza di questo, possiamo leggere quello che scrive Giorgio Vasari nel suo “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” del 1568: “Ma sarebbe stato a costui [altro discepolo che dovrebbe essere Giovanni di Nicolò Platipodio di Candia ndr] superiore Luca Monverde da Udine, che fu molto amato da Pellegrino, se non fusse stato levato dal mondo troppo presto e giovanetto affatto. Pure rimase di sua mano una tavola a olio, che fu la prima e l’ultima, sopra l’altare maggiore di S. Maria delle Grazie in Udine, dentro la quale, in uno sfondato in prospettiva, siede in alto una Nostra Donna col Figliuolo in collo, la quale fece dolcemente sfuggire, e nel piano da basso sono due figure per parte, tanto belle, che ne dimostrano che se più lungamente fusse vivuto sarebbe stato eccellentissimo.”. Vincenzo Joppi, in un articolo del 19 dicembre del 1877 apparso sulla Patria del Friuli, ci fa sapere che fu Giovanbattista Grassi, contemporaneo dell’artista a fornire queste notizie al Vasari.

Luca Monverde nasce a Udine tra gli ultimi anni del Quattrocento ed i primissimi del Cinquecento, figlio del maestro falegname Bertrando Monvert (a sua volta figlio di Giacomo, calzolaio di Chiavris e di donna Monvert, figlia del pellicciaio udinese Stefano Pollami) e di Dorotea. Rimasto orfano del padre nel 1505, grazie ai tutori viene introdotto in seguito nella bottega di Pellegrino da San Daniele, dove lavorano varii apprendisti, alcuni anche famosi, come Sebastiano Florigerio. Il Monverde in questa veste potrebbe aver collaborato con il Pellegrino agli affreschi della chiesa di S. Antonio a San Daniele, anche se i restauri del 1987-88 non hanno consentito di individuare parti attribuibili con certezza al discepolo.

Nel 1522 Luca Monverde, che abita a Udine in Borgo d’Isola (Via Giovanni da Udine) apre una propria bottega in Via Mercatovecchio ed è in quello stesso anno gli viene ordinata, probabilmente tra le primissime commissioni, la pala per la Madonna delle Grazie. Egli la realizza in quello stesso anno, come si evince dalla data posta in basso nella colonna di San Sebastiano.

Già nel 1523 il Monverde viene però colpito da una malattia che lo renderà infermo e lo costringerà alla vendita di diversi suoi beni tra il 1524 e il 1525. Si può spiegare così la ridotta produzione dell’artista, anche se alcuni storici dell’arte propongono di attribuirgli la “Madonna col Bambino tra i Santi Pietro Martire, Rocco, Sebastiano e Domenico” della chiesa di S. Pietro Martire di Udine. Fece ancora un gonfalone per la fraternita di San Giorgio, al prezzo di 32 ducati, andato perduto, e un San Rocco per devozione privata. La morte lo colse tra il 12 agosto 1525, data in cui vendette un campo in Chiavris, e il 21 gennaio 1526, giorno in cui la sorella assume la procura per il defunto (Joppi dice invece 7 giugno).

La pala venne commissionata al Monverde da parte della confraternita laica dei Santi Gervasio e Protasio, attiva nell’abbelire ed arredare la nuova chiesa che i Servi di Maria hanno appena terminato. Lo sappiamo dalla scritta posta ai piedi del dipinto, che rende noto il committente e che ci informa che in quel periodo priore di detta confraternita era Bernardo Fachin, mentre cameraro era tal m° Clemente.

Il dipinto è stato realizzato su un supporto di 16 tavole di legno di pioppo terminanti a semicerchio, unite dietro da due assi di larice messe a coda di rondine, per una misura di m 3,85×2,55. Il soggetto è la Vergine Maria con il Bambino, attorniata dai santi Gervasio e Protasio, titolari della chiesa e del convento precedente a quello dei servi, e dai santi Rocco e Sebastiano, protettori della città di Udine. Lo stile tenuto dal Monverde utilizza un’impostazione di stile veneto, che subisce gli influssi del Bellini e del Giorgione

La pala negli anni occupò sempre il medesimo posto. Sul finire del settecento fu oggetto di un restauro da parte del sacerdote Giovan Battista Tosolini di Reana che però risultò maldestro e piuttosto rovinoso (tanto che in un articolo della Patria del Friuli del 1877, il conte Beretta lo definisce “assassino restauratore”.).

Nella seconda metà del 1877 si procedette ad un nuovo restauro rigenerativo mediante il metodo Pettenkofer, messo appundo dall’omonimo chimico bavarese e diffuso in Italia dall’udinese Giuseppe Uberto Valentinis, che grazie alla sua dimestichezza con il tedesco tradusse il manuale di von Pettenkofer e ne applicò i principi. Fu lui stesso, pittore e restauratore, con l’aiuto del pittore Fausto Antonioli ad intraprendere il restauro. Oltre al dipinto anche le assi in legno si erano contorte e separate, tanto che nell’occasione si dovette mettere un’asse trasversale di legno di quercia e fu anche creata una possente cornice in legno dorato da Francesco Quarini da Udine, al fine radrizzare le assi ed impedire in futuro altre deformazioni. Questa cornice fu in seguito restaurata del falegname Luigi Zuliani.

Il nuovo altare maggiore, l’attuale, costruito nel 1893 diede l’assetto che conosciamo al presbiterio, valorizzando maggiormente la pala.

Passa ben più di un secolo perché si ripresentino le inevitabili ingiure del tempo che, soprattutto a causa delle candele, avevano annerito nuovamente l’opera del Monverde, tanto che tra il 1998 e 1999 la comunità dei Servi di Udine decise con la Soprintendenza di procedere ad uno studio per il restauro della pala. Questo studio aveva rilevato i molti interventi posteriori in varie zone (sino a 5 strati), che hanno fatto optare per la non rimozione.

Da qui si è proceduto comunque ad un’accurata pulitura generale dell’opera che ne favorisce la lettura, dando così la giusta glora al suo autore.

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